Gli uragani si formano a partire da sistemi meteorologici più piccoli noti come perturbazioni tropicali. Perché un uragano si sviluppi, sono necessarie diverse condizioni specifiche che solitamente si trovano nelle acque calde dell’Atlantico tropicale e dei Caraibi, dove è situata anche Porto Rico.
Tutto inizia con l’evaporazione dell’acqua calda dell’oceano, che sale e condensa nell’atmosfera, formando nuvole temporalesche. Quest’evaporazione continua crea una bassa pressione al livello del mare, attirando aria circostante che, a sua volta, porta con sé umidità aggiuntiva. Man mano che l’aria calda e umida sale, rilascia calore latente durante la condensazione, riscaldando ulteriormente l’atmosfera circostante e favorendo la formazione di più nuvole e temporali.
Questi temporali si organizzano intorno a un centro di bassa pressione, noto come occhio dell’uragano. L’effetto di Coriolis, dovuto alla rotazione terrestre, fa sì che i venti intorno al centro inizino a ruotare, conferendo al sistema la sua caratteristica forma a spirale. Se le condizioni restano favorevoli, con acque calde superiori a 26,5 gradi Celsius e un basso wind shear (variazione dei venti con l’altitudine), il sistema può intensificarsi rapidamente.
La formazione di un uragano richiede anche che il calore e l’umidità dell’oceano siano distribuiti in modo uniforme, senza interferenze significative da parte di altri sistemi meteorologici. Quando queste condizioni sono soddisfatte, il ciclone tropicale può intensificarsi, trasformandosi in un uragano con venti che superano i 119 chilometri orari.
L’isola di Porto Rico si trova proprio nel percorso di molte di queste tempeste che si formano nell’Atlantico tropicale e si spostano verso ovest. Gli uragani che colpiscono Porto Rico spesso si sviluppano al largo delle coste dell’Africa occidentale, attraversano l’Atlantico, e guadagnano forza mentre passano sopra le acque calde dei Caraibi. Quando gli uragani raggiungono l’isola, possono portare venti violenti, piogge torrenziali e onde di tempesta, causando danni significativi e inondazioni.
La National Oceanic and Atmospheric Administration (in acronimo NOAA; in italiano “Amministrazione nazionale per l’oceano e l’atmosfera”) è un’agenzia scientifica e normativa statunitense, all’interno del Dipartimento del commercio degli Stati Uniti d’America, che si occupa di previsioni meteorologiche, monitoraggio delle condizioni oceaniche e atmosferiche e tracciamento di mappe dei mari; inoltre conduce esplorazioni in acque profonde e gestisce la pesca e la protezione dei mammiferi marini e delle specie in via di estinzione nella zona economica esclusiva degli Stati Uniti.
Il NOAA nasce nel 1970 per effetto della riorganizzazione di vari enti federali statunitensi per lo studio del mare, degli oceani e dell’atmosfera. L’agenzia è attiva nel settore dei programmi per satelliti meteorologici e si occupa dello studio del clima, sia negli Stati Uniti d’America che a livello planetario. In particolare, è in fase di realizzazione un archivio con i dati meteorologici del passato (serie storiche) relativo a numerose stazioni meteorologiche presenti nel mondo. Esegue anche studi sulla dinamica atmosferica e sulle correnti marine oceaniche che possono influenzare il clima su larga scala.
Il ruolo del NOAA è cruciale in quanto fornisce informazioni tempestive per salvaguardare la salute dei cittadini dall’impatto di eventi estremi quali tempeste, inondazioni e uragani che ogni anno si abbattono sugli Stati Uniti. Monitorando il clima e i cambiamenti climatici, nonché le coste e gli oceani di competenza degli USA, pone particolare attenzione all’innalzamento del livello del mare, alla salute delle acque, alla flora e alla fauna.
Oltre a controllare gli ecosistemi marini, NOAA si occupa infatti di diversi santuari di specie protette per salvaguardare tali ecosistemi. Conduce esplorazioni in acque profonde e controlla la pesca, la protezione dei mammiferi marini e delle specie in via di estinzione nella zona economica esclusiva degli Stati Uniti. La NASA collabora attivamente con il NOAA fornendo tutte le strumentazioni, i satelliti e i veicoli spaziali per studiare il meteo e i cambiamenti climatici, fornendo le informazioni atmosferiche, sulla superficie terrestre e marina delle quali l’ente ha bisogno.
L’uragano Maria è stato un uragano atlantico di categoria 5 che ha colpito l’area nord-orientale dei Caraibi, già interessata meno di due settimane prima dal devastante uragano Irma. L’uragano, al momento del suo dissipamento il decimo più intenso mai registrato nel bacino Atlantico, ha provocato danni catastrofici sull’isola di Porto Rico. In totale, l’uragano Maria ha causato più di 90 miliardi di dollari di danni, classificandosi come il terzo uragano più costoso di sempre, dietro solo ad Harvey e Katrina, e ha provocato la morte confermata di almeno 3.022 persone, di cui 2.975 solo a Porto Rico.
Il 13 settembre 2017 il National Hurricane Center ha iniziato a monitorare due onde tropicali al largo di Capo Verde: quella più a est è risalita per poi trasformarsi nell’uragano Lee mentre quella più a ovest ha continuato a muoversi verso occidente; il 16 settembre la perturbazione è ufficialmente diventata una tempesta tropicale, ricevendo il nome Maria. Il 20 settembre Maria ha raggiunto la sua intensità massima, diventando un uragano di categoria 5 e approdando a Porto Rico con venti massimi sostenuti di 250 km/h e riversando enormi quantità di pioggia sull’isola, con un accumulo massimo di 962,7 mm.
Tutte le reti infrastrutturali dell’isola sono state duramente colpite: la rete elettrica è stata quasi interamente distrutta, lasciando tutti i 3,4 milioni di residenti senza elettricità; l’85% della rete telefonica e il 95% della rete cellulare è stato messo fuori uso e solo dodici stazioni radio sono rimaste attive dopo il passaggio della tempesta. Alla fine del 2017, quasi la metà dei residenti di Porto Rico era ancora senza elettricità, e alla fine di gennaio 2018, l’elettricità era stata ripristinata solo a circa il 65% dell’isola.
Il settore agricolo è stato duramente affetto, approssimativamente l’80% di tutte le piantagioni sono state perse e il settore caffeicolo è stato il più colpito: 18 milioni di alberi di caffè sono stati distrutti e saranno necessari almeno cinque anni per ripristinare solo il 15% di tutta la produzione di caffè dell’isola.
La forza distruttiva combinata dell’ondata di tempeste e dell’azione delle onde da parte ha prodotto ingenti danni a edifici, case, strade, infrastrutture e porti turistici e non. Anche le inondazioni fluviali sono state senza precedenti, specialmente nella parte settentrionale dell’isola. Il fiume La Plata ha inondato l’intera valle alluvionale compreso il comune di Toa Baja, dove centinaia di famiglie sono state salvate dai tetti delle loro case.
A oggi gli uragani e le tempeste tropicali possono colpire in qualsiasi momento: nei Caraibi o sulla costa meridionale degli Stati Uniti, la preparazione è un’attività continua anche se il periodo più probabile per una forte tempesta va da giugno a ottobre. Il cambiamento climatico è al centro di questo scenario.