La frase tra le virgolette è pronunciata da un anziano capitano nei confronti del giovane protagonista del romanzo che mette in scena la bonaccia, cioè l’assenza di vento, usandola come uno dei motori narrativi più forti della letteratura moderna. Il racconto è infatti famoso: “La Linea d’Ombra”, scritto dal più più amato e grandioso scrittore di mare, Joseph Conrad.
La trama è fin troppo nota. Un giovane marinaio, giunto al confine della linea d’ombra che separa la giovinezza dalla maturità, assume per la prima volta, il comando di una nave. Lui e il suo equipaggio però s’imbattono in una interminabile, inaggirabile bonaccia, che insieme a un’epidemia di febbre, tormenta gli animi a bordo. L’impossibilità di agire è una condanna terribile per un marinaio.
La gestione di una situazione così difficile, che evoca il fantasma di navi alla deriva con tutti i marinai morti, ricade sulle spalle del giovane capitano. Lui si sente in colpa per non aver controllato il meteo o la farmacia di bordo, dove la scorta di chinino è risultata scarsa. L’atmosfera di angoscia per la salute accentua la situazione di assenza di vento e caldo soffocante.
L’acme della narrazione arriva nel momento in cui, con l’equipaggio malato, le vele flosce e lo scafo alla deriva, la tenebra della notte avvolge la nave. E’ il presagio di essere inghiottiti per sempre dal nulla, a dare però al giovane la consapevolezza del suo ruolo. Affrontare l’immobilità, restare sulla tolda, senza dormire, sostituendo ogni marinaio estenuato dalla febbre. La prova del capitano alla fine sarà superata e la nave sarà salva.
Nella nota dello stesso Conrad si legge:
“Questa storia non intendeva trattare il soprannaturale. Però più di un critico è stato propenso a leggerla in questo modo, cogliendovi un tentativo di dare il più ampio sfogo all’immaginazione trasportandola oltre i confini del mondo in cui vive e soffre l’umanità.
Ma in realtà la mia immaginazione non è fatta di stoffa tanto elastica. Credo che se tentassi di mettervi la tensione del soprannaturale fallirebbe. Non avrei mai potuto fare un simile tentativo, perché tutto il mio essere morale e intellettuale è permeato dall’invincibile convinzione che tutto ciò che cade sotto il dominio dei nostri sensi si trova nella natura e, per quanto eccezionale, non può essere diverso nella sua essenza da tutte le altre manifestazioni del mondo visibile e tangibile di cui noi siamo parte consapevole.
Il mondo dei vivi contiene già abbastanza meraviglie e misteri così com’è: meraviglie e misteri che agiscono sulle nostre emozioni e sulla nostra intelligenza in modi così inesplicabili da giustificare una concezione della vita quasi come uno stato incantato”.
C’è spesso nei romanzi di Conrad un lucido, disincantato realismo, vagamente pessimista, che si appella alla capacità di assumersi le responsabilità dell’esistenza. Il mare è uno dei più grandi scenari d’ispirazione per mmettere in scena appunto il coraggio di esistere che sulle onde del’oceano è quasi la prima legge non scritta.