L’anidride carbonica assorbita dall’Oceano cambia la chimica dell’acqua attraverso una serie di reazioni che ne aumentano l’acidità e diminuiscono la concentrazione di ioni carbonato. Questi cambiamenti hanno gravi conseguenze per gli organismi e gli ecosistemi marini ma anche sul sistema ciclico dell’atmosfera e lo scambio mare terra.
Delle 40 GigaTonnellate di carbonio emesse annualmente dalle attività umane, il 48% resta catturato contribuendo al riscaldamento globale. Il 26% di questo viene assorbito dall’Oceano e il resto dalla biosfera terrestre.
L’obiettivo collettivo di ridurre le emissioni di CO2 di origine antropica richiede una solida quantificazione dell’assorbimento di carbonio nei mari. Questo assorbimento però va misurato e monitorato su una massa gigantesca, perlopiù desertica: il 70% della superficie del pianeta, più di 360.700.000 km².
Le misurazioni oceaniche poi variano nello spazio e nel tempo, a causa delle diverse temperature , dei processi biologici e del rimescolamento delle correnti. Il mare per natura, è un’entità in continuo movimento. È quindi importante monitorare i dati biochimici marini in una gamma di luoghi e scale temporali più ampia possibile. Ogni più remoto angolo del mare dovrebbe essere rilevato e le rilevazioni regionali devono essere aggiornate di continuo. Più osserviamo e più raccogliamo dati, più sapremo cosa ci aspetta nel futuro e potremmo porvi rimedio!
All’Istituto di Scienze Marine di Brest (IFREMER) abbiamo conosciuto alcuni dei più importanti ricercatori impegnati in questo campo. Una meravigliosa comunità impegnata nella salvaguardia del mare e del pianeta (un po’ come noi) e soprattutto coinvolta in alcuni progetti di monitoraggio globale decisivi.
A Brest ci hanno raccontato che è necessaria un’accurata quantificazione dello scambio annuale aria-mare per ricavare dati esatti del ciclo globale del carbonio.
INTERVISTA A EMANUELA RUSCIANO, COORDINATRICE PROGETTO OCEANOPS
Il Sistema di Osservazione Globale dell’Oceano considera il mare come un unico grande spazio da osservare e scrutare con un unico “grande occhio scientifico”. Un occhio fatto di tante pupille diffuse. Per fortuna oggi le tecnologie digitali e satellitari permettono di mettere in rete tanti dispositivi di osservazione e di integrare gli sforzi di tutti coloro che studiano, viaggiano e lavorano sul mare in zone o paesi distanti tra loro.
Il sistema utilizza diverse fonti di raccolta, dalle boe flottanti alle navi in transito fino a specifiche missioni scientifiche in situ.
Nell’ultimo anno la comunità dell’Osservatorio ha lavorato per ripristinare i livelli di osservazione adatti a una qualità alta del monitoraggio. Sulla base del sistema chiamato Ocean-OPS, il “grande occhio”, alcune regioni e reti di raccolta dati si stanno centrando su queste situazioni:
I dati sulla CO2 nelle acque superficiali dell’Oceano sono attualmente ottenuti utilizzando navi e piattaforme fisse, alla deriva e autonome. Una sintesi annuale dei dati di qualità è fornita dal Surface Ocean Carbon Atlas (SOCAT), che viene utilizzato dagli scienziati per stimare l’assorbimento di carbonio e le sue variazioni nel tempo e nello spazio.
Le informazioni provenienti da galleggianti autonomi che profilano coste e fondali dell’oceano e poi le navi in transitano in luoghi remoti, aggiungono gradualmente valore alla nostra comprensione del ciclo del carbonio oceanico.
Una robusta e precisa quantificazione degli stock di carbonio di profondità richiede osservazioni in tutta la colonna d’acqua, dunque anche sui fondali, e richiede di intensificare l’aumento delle informazioni sul flusso atmosferico e lo scambio aria-mare delle acque superficiali. I dati biogeochimici provenienti da misurazioni ripetute di crociere idrografiche di campioni d’acqua sono controllati dalla qualità e sintetizzati nell’ambito del Global Ocean Data Analysis Project (GLODAP).
La crescita della comunità di coloro che raccolgono e donano dati di qualità è al centro di numerose azioni nell’ambito del “Decennio delle Scienze Oceaniche delle Nazioni Unite” (Oceand Decade 2021-2030). Ci sono però ancora troppe, diffuse lacune nelle osservazioni basate su boe oceaniche, galleggianti e navi.
Il progetto OceanOPS ha bisogno di tutti quelli che viaggiano, lavorano e fanno ricerca sul mare. I principali partner istituzionali stanno già rispondendo alle esigenze attraverso nuovi investimenti in mare e nello spazio con satelliti. Ancora più importante è una maggiore cooperazione (ad esempio attraverso processi di co-progettazione scientifica) tra osservatori, modellatori e comunità nazionali che possono trarre utilità dalle osservazioni oceaniche insieme.
Anche noi daremo il nostro piccolo contributo: non solo con l’installazione a bordo di Ocean Pack ma anche con il trasporto e il rilascio di una boa ArgoFlute nell’Oceano Indiano nei prossimi mesi.