L’inconfondibile odore del mare è come una madeleine che da sempre affascina abitanti e
frequentatori dei litorali. C’è qualcosa di terribilmente riconoscibile, che evoca ricordi, sapori,
sensazioni. Da quello pungente che si respira nei porti dove la brezza marina e l’odore
salmastro si mischiano a quello del cherosene per le barche, a quello accogliente del mirto,
dell’origano e della macchia mediterranea. Ma questi odori esisteranno per sempre?
Sembra di no.
Innanzitutto è importante specificare che il mare deve il suo inconfondibile odore a due
classi di composti ed una molecola prodotte dalla vegetazione marina:
Solfuro Dimetile – tioetere al 40% prodotto dall’azione
delle alghe.
Bromofenoli – composti in cui è presente almeno un anello benzenico sostituito con
almeno un gruppo -OH ed un gruppo -Br.
Dictioptereni – feromoni sessuali prodotti da svariate specie di alga.
L’odore che deriva da questa mistura di composti è individuabile facilmente nell’aroma di alga essiccata. Può piacere o meno, provocare fastidio o accendere l’immaginazione, ma è senz’altro un aroma riconoscibile e emblematico, anche al netto degli altri incredibili aromi che la vegetazione mediterranea diffonde grazie ai venti.
Un singolare studio del 2022 della stazione zoologica Anton Dohrn, uscito sulla rivista Frontiers in marine science, ha approfondito le alterazioni che il sistema di comunicazione olfattivo degli organismi subirà con il riscaldamento globale. Le conseguenze per gli ecosistemi sono potenzialmente catastrofiche, soprattutto per alcune specie di molluschi, che risulterebbero i primi organismi a essere disorientati. L’aumento di concentrazioni di anidride carbonica, come quelle previste per la fine del secolo, porterà ad un abbassamento del ph delle acque e aumenterà la cosiddetta acidificazione dei mari.
Tra le varie conseguenze dell’acidificazione sugli ecosistemi c’è anche l’interferenza con la capacità delle specie di comunicare a scopo riproduttivo o di predazione. Nello specifico lo studio dei ricercatori della Stazione Anton Dohrn si è focalizzato sugli effetti dell’acidificazione oceanica sulle comunicazioni chimiche tra componenti vegetali e animali, fondamentali per la connettività degli oceani. Le conclusioni portano ad affermare che il bouquet di composti organici volatili rilasciati da diatomee e macroalghe si altererebbe irrimediabilmente, limitando funzioni vitali di pesci e organismi.
Lo studio prende le mosse da esperiment su due diatomee (Cocconeis scutellum e Diploneis sp.) e su una macroalga (Ulva prolifera). Sono state isolate e coltivate a due condizioni differenti di pH (8,2 e 7,7) dai ricercatori dei laboratori di Napoli e di Ischia. La tesi è che gli organismi siano stimolati in misura proporzionale alla concentrazione di odori e alla modalità della loro diffusione attraverso l’acqua e o l’aria. Gli scinaziati hanno quindi estratto le componenti chimiche collegate agli odori da organismi coltoivati in ambienti a differente Ph. Si deve ipotizzare trasformazioni negative per molte delle cosiddette reti trofiche.
Nel corso di un progetto internazionale (The Acid Project) si è avanzata l’iipotesi che diversi animali diventino incapaci di riconoscere prede e predatori. Altri potrebbero vedere sensibilmente ridotta la capacità
riproduttiva. Conseguenze di questo tipo ricadrebbero anche sull’uomo, sia cper gli stock ittici ridimensionati e per specie preziose avviate all’estinzione, sia perchè anche noi saremmo saremo disorientati. L’olfatto è il senso che orienta il principio del piacere e la strategia di comportamento umano in molti casi, anche in navigazione. È difficile immaginarsi un mondo in cui il mare non profuma. Riusciremmo ancora ad amarlo?