Ancora nel 2022 la temperatura media delle acque ha segnato molti record. Ill calore prodotto a causa dell’effetto serra viene infatti assorbito in gran parte dalle acque che ricoprono il pianeta. L’aumento della temperatura oceanica è uno dei tanti segnali di allarme. L’Oceano infatti può catturare e trattenere circa il 40% dell’anidride carbonica emessa dalle attività umane in tutto il mondo. Ma con quali conseguenze non lo sappiamo ancora.
Gli oceani sono una riserva di CO2 perché questo gas è in grado di dissolversi nell’acqua. Pensate alle bevande gassate. Il meccanismo di assorbimento della CO2 è più forte se è bassa la temperatura. Ciò significa che l’acqua più calda assorbe meno CO2. Con mari più caldi avremo una maggiore quantità di gas serra nell’atmosfera innescando un circolo vizioso.
L’aumento di temperatura dei mari è un esempio di meccanismo di feedback (o retroazione positiva). Amplifica infatti l’effetto di un cambiamento già prodotto da un forzante climatico. stimolando poi una ulteriore evaporazione. È vero anche che se aumenta la concentrazione di vapore, si formano nubi che riflettono una parte della radiazione solare con un effetto raffreddante. Il bilancio dei due effetti, riscaldante o raffreddante, è complesso e dipende da altri fattori.
L’altro protagonista dell’effetto serra è il vapor d’acqua. I mari lo producono continuamente per evaporazione, fa parte del ciclo dell’acqua. Evaporazione e riscaldamento si influenzano a vicenda. Anche in questo caso abbiamo un meccanismo di feedback: la presenza di questo gas serra tende ad aumentare la temperatura terrestre.
Gli oceani più caldi fanno aumentare l’evaporazione, quindi alcune regioni tendono a essere più umide mentre altre più secche. La concentrazione di vapor d’acqua tende a ridistribuirsi con il riscaldamento globale, alternando i normali regimi delle precipitazioni. Se la temperatura del mare aumenta i fenomeni meteorologici estremi diventano più intensi e frequenti. In molte zone costiere aumenta il rischio di cicloni, uragani e inondazioni causate anche dall’espansione termica e dallo scioglimento dei ghiacci.
Le temperature più calde hanno effetti su molti ecosistemi marini. Piccole variazioni di temperatura o dei livelli di salinità e ossigeno mettono a rischio l’habitat degli organismi. Nel Mar Baltico, oltre mille specie vivono grazie ad alti livelli di ossigeno e sali. L’aumento delle precipitazioni potrebbe abbassare la salinità, con ripercussioni drammatiche per la vita di quegli organismi. La maggiore temperatura impoverisce l’acqua di ossigeno. L’altro aspetto è l’acidificazione, causata dai maggiori livelli di CO2 disciolti. La riduzione del pH altera la vita di organismi come coralli, ostriche, cozze.
Le correnti oceaniche determinano l’equilibrio climatico dell’intero pianeta. Sono masse di acqua che si muovono sia a livelli più superficiali sia in profondità. Le correnti si comportano come un nastro trasportatore di energia e interagiscono tra loro, mescolandosi, favorendo l’incontro di acque con diverse caratteristiche. Le correnti possono riequilibrare lo sbilanciamento energetico di diverse aree, regolando il clima di regioni continentali. La Corrente del Golfo influenza il clima in Europa, più mite rispetto alle stesse latitudini in America.
Le temperature alte fondono i ghiacci continentali. Di conseguenza aumenta il livello dei mari e degli oceani. Il livello medio cambia per diversi fattori: il bilancio idrologico determinato da scioglimento dei ghiacciai, le precipitazioni e l’evaporazione oppure la densità dell’acqua o ancora il sollevamento o abbassamento delle masse tettoniche. Ecco perché la variazione dei livelli oceanici non è uniforme nel tempo e nello spazio, anche se ormai globalmente si rileva un aumento.
Se la temperatura degli oceani aumenta, il metabolismo degli organismi accelera ed essi hanno bisogno di più ossigeno. Di conseguenza, l’acqua si impoverisce di ossigeno. A questo si unisce l’aumento di nutrienti rilasciati dalla pioggia ricca di fertilizzanti agricoli. L’aumento di nitrati e fosfati, chiamato eutrofizzazione, è il diretto risultato dell’aumento della attività che riversano scarichi industriali o acque reflue in mare. L’accumulo di nutrienti produce una crescita di specie vegetali che soffoca l’Oceano. L’eccesso di nutrienti può risultare drammatico per la sopravvivenza della vita e alcune regioni marine sono ormai dichiarate “dead zone”, zone morte.
I cambiamenti non hanno un impatto immediato, ma innescano dei meccanismi che sono destinati a proseguire per millenni. I mari hanno una risposta alle variazioni climatiche più lenta rispetto all’atmosfera e molti meccanismi restano ancora da chiarire per la stessa comunità scientifica. La temperatura degli strati di acqua profondi potrebbero risentire lentamente anche di un eventuale calo della concentrazione delle emissioni e di un miglioramento della situazione in atmosfera. Gli effetti del cambiamento climatico sull’oceano è ormai irreversibile.