Anche a Malta come in molti porti del Mediterraneo è tradizione dipingere due occhi sulla prua delle navi. Secondo gli storici le decorazioni sono la riproposizione degli occhi presenti sulle navi fenicie o greche. Sono conosciuti come occhi di Osiride o di Posidone. Secondo la mitologia, Horus, durante una battaglia contro suo zio Seth, per vendicare l’uccisione del padre, perse l’occhio sinistro. Da allora l’occhio di Horus è simbolo di prosperità, di potere e buona salute ed è per questo motivo che viene dipinto sulle navi come amuleto protettivo per scongiurare le tempeste e augurare una pesca prosperosa. Secondo altre interpretazioni i cosiddetti oftalmoi riflettevano il fatto che la barca fosse considerata un essere vivente, che dunque aveva bisogno di occhi per guardare il cammino in mare davanti a sé.
Funzione magica che più tardi ebbero anche le “polene”, le figure scolpite nel legno della prua delle navi, spesso in forma femminile o di animale mitologico. Le polene richiamavano il nome dell’armatore e la sua potenza economica, ma vagheggiavano anche la figura dei parenti rimasti a casa, che dovevano sorvegliare la rotta e dunque il destino dei marinai. Lo sguardo della polena vede ciò che ai navigatori è precluso, essa si protende per scrutare qualcosa che ai marinai è vietato e sarebbe fatale sapere.
Miti e scaramanzie sono tutte nate con la marineria mediterranea, una delle più antiche arti al mondo. La paura dell’ignoto, degli abissi, di ciò che poteva essere nascosto sotto l’acqua e degli spazi sconfinati sono alla base dei rituali che, tramandati da generazioni, sono rispettati per ingraziarsi la benevolenza degli elementi naturali. Ecco un elenco di pratiche e credenze ancora in voga:
I marinai hanno sempre creduto che fischiare o cantare nel vento porti tempeste e maltempo. Per questo è sempre stato severamente vietato. Almeno in presenza di altri colleghi. L’unico autorizzato (ed anzi incoraggiato a farlo) è il cuoco, il quale, se sta fischiando, è chiaro che non stia mangiando le razioni degli altri.
Le donne, per ignoranza e costumi dei secoli scorsi, non erano benvenute a bordo delle navi. Tuttavia durante le soste nei porti, dopo un lungo viaggio o prima di una partenza, erano ben accette, anche perché aiutavano a mantenere in ordine la barca e a prepararla in vista dei viaggi futuri. Non era raro che alcune di queste rimanessero incinta ed essendo il ponte di batteria il posto più comodo dove poter far partorire una ragazza, il cognome di tutti i nati veniva registrato come Son of a Gun, figli dei cannoni.
Era una credenza diffusa che gli uccelli marini fossero la reincarnazione di marinai morti in mare. Per questo era vietatissimo ucciderli, l’anima di un collega avrebbe potuto danneggiarsi per sempre. Allo stesso tempo era considerata buona fortuna avvistarne uno.
Se sei in mare e qualcuno dice “buona fortuna”, sicuramente porterà sfortuna. Versare del sangue
di animale è l’unico modo per annullare la maledizione, o almeno era! Oggi ci si limita a toccare
ferro.
I delfini che nuotano con la nave sono visti come un buon segno. Viceversa, avvistare uno squalo
in prossimità della barca era considerato un evento nefasto. Più che di superstizione qui si tratta di
buon senso.
Potendo scegliere è vietatissimo salpare il giovedì, il venerdì, il primo lunedì di aprile o il secondo
lunedì di agosto. I venerdì sono stati a lungo considerati giorni sfortunati probabilmente perché
per la tradizione cristiana Gesù venne crocifisso proprio di venerdì. Il giovedì invece è è sacro a Thor, Dio del tuono e delle tempeste, partire potrebbe essere un azzardo. E infine il secondo lunedì di agosto è il giorno in cui i regni di Sodoma e Gomorra furono distrutti. Anche in questo caso meglio starsene a casa e riparlarne il giorno seguente.
La leggenda vuole che una volta dato il nome all’imbarcazione Poseidone in persona lo trascriva
nei suoi registri divini custoditi in fondo al mare.
Una volta deciso e scritto sarà per sempre…o quasi. Esistono infatti alcune cerimonie che permettono cambio di appellativo, ma solo una di queste è certificata ed autorizzata dalla più profana e concreta Reale Marina Inglese.
Ecco un interessante tutorial per ogni evenienza.
Per cancellare il nome bisogna innanzitutto scrivere il nuovo nome su un lamierino con un inchiostro non indelebile e cancellare quello vecchio ovunque sia scritto sullabarca. Uscite quindi in mare con una bella bottiglia di vino frizzante. Dalla prua occorre gridare al Re del mare che la barca con il tal nome non esiste più intonando la pregiera a Posidone. “O grande e potente Signore dei Mari e degli Oceani, al quale tutti i vascelli e coloro che si avventurano nel tuo vasto dominio devono rendere omaggio, imploriamo la tua grandezza per cancellare il nome che ha cessato di essere un’entità del tuo regno”. Condite con gestualità rituali evidenti. Finita la procedura si deve applicare sulla poppa il nuovo appellativo. Il vino rimasto si versa in acqua o offre agli amici.
Il mare non sta fermo mai, ed è grande come il mondo. Lo sapevano bene gli antichi che non si poteva offendere il suo re, Posidone. La sua ira è devastante. Il dio era anche signore dei terremoti che scuotono la terra. Credevano i Greci che le onde degli oceani in tempesta che si frangevano sulle coste facessero tremare anche la terra. E che la piena dei fiumi poteva devastare gli argini più forti, anche loro inghiottiti nel fondo di grandi gore che riportano l’acqua fin dentro le viscere della terra.
Il Mediterraneo per gli antichi era un fiume, un braccio di mare più lungo che largo, facile da navigare con scafi di legno, sempre sotto costa e sempre nelle stesse direzioni, da est a ovest o viceversa. Erano le brezze di Eolo a spingere le vele. I marinai che volevano prendendo la direzione dalla sponda nord a quella sud, affrontavano mille pericoli, perché in alto mare si incontravano tempeste, sfracelli di acqua, bora, maestrale, venti impazziti che stracciavano le vele e scaraventavano le navi sugli scogli. E poi mostri marini potevano sorprendere i naviganti in ogni momento, di giorno e di notte.