La maggior parte degli studiosi concorda nell’attribuire l’aumento di queste specie di medusa a due principali fattori: il riscaldamento degli oceani derivante dal cambiamento climatico e il numero crescente di attività antropiche svolte in mare.
L’inquinamento, la cementificazione dei litorali, l’overfishing, ossia tutte le attività antropiche svolte in mare, favoriscono invece il cambiamento delle nicchie ecologiche: i frangiflutti dell’Adriatico, per esempio, forniscono un substrato ideale per le colonie di polipi, che riescono a riprodursi così molto più facilmente.
Nello specifico si sta approfondendo anche l’impatto della diminuzione del pH (dovuta allo sbilanciamento dei rapporti di predazione tra meduse e pesci). Per esempio alcune specie di meduse, tra cui la Pelagia noctiluca, sono voraci predatori di uova e larve di pesci. Senza dimenticare che meno sono i pesci, più sarà lo zooplancton a disposizione per le meduse.
Predilige le acque del Tirreno. Vive nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico orientale. È una specie pelagica, ma nel periodo autunnale e primaverile si avvicina alla costa. L’ombrello marrone-rosato o rosa-violetto misura in media circa 10 centimetri di diametro. È composto da 16 lobi da cui partono 8 lunghi tentacoli retrattili, molto urticanti (si possono estendere fino a 2 metri). Le braccia orali, che partono dalla bocca, sono lunghe fino a circa 30 centimetri. Emette dei bagliori (bioluminescenza) di luce verdastri, visibili soprattutto di notte.
Facilmente avvistabile nell’Adriatico e nello Ionio (ma anche nel Mar Bianco e nell’Oceano Atlantico. Presenta un cappello di forma semisferica, tendente al trasparente, con i bordi sfrangiati blu-viola. Sotto al cappello il corpo è chiamato manubrio ed è composto da otto prolungamenti di tessuto arricciato e grumoso, dai quali partono otto tentacoli allungati. Potendo raggiungere i 50–60 cm di diametro e i 10 kg di peso, rappresenta la più grande medusa del Mediterraneo.
È una delle meduse più comuni dei nostri mari. Presenta un caratteristico ombrello a forma di disco bianco, con una gobba rotonda e gialla al centro. Il margine è tipicamente frastagliato, di colore giallo o verdastro. È priva di tentacoli, ma ricca di braccia orali che si dipartono dai quattro lobi della bocca, delle quali molte sono sottili e terminano con un bottoncino di colore blu o viola.
Si tratta di un piccolo idrozoo che spesso si trova spiaggiato dopo le tempeste. Il suo soprannome è dovuto alla cresta triangolare simile ad una vela, che le permette di muoversi sulla superficie dell’acqua tramite la spinta del vento. La Velella è in realtà una colonia formata da un individuo medusoide modificato che fa da vela e capta il vento per spostarsi mentre al di sotto del disco ci sono numerosi individui polipoidi che si occupano dell’alimentazione e della riproduzione.
Spesso scambiata per una medusa è in realtà un sifonoforo, ossia in poche parole una colonia di più organismi dipendenti l’uno dall’altro. È bellissima, ma molto velenosa. Le sue tossine sono dannose per l’uomo e possono portare anche all’arresto cardiaco.
Nell’ultimo decennio è stato verificato anche l’aumento della frequenza dei bloom della cubomedusa, lungo le coste mediterranee spagnole ed adriatiche. Questa specie è l’unico cubozoo presente nel nostro mare ed appartiene allo stesso gruppo tassonomico della temibile e mortale Vespa di mare (Chironex fleckeri) dei mari australiani.
L’innalzamento delle temperature ha causato anche l’aumento delle specie aliene nel Mediterraneo e ovviamente tra queste non potevano mancare le meduse. Si stima che le meduse aliene nel Mediterraneo siano circa 12 specie (tra cnidari e ctenofori), la maggior parte di cui proveniente dal Canale di Suez. La Rhopilema nomadica è una di queste. Fu vista per la prima volta nel 1977 in Israele, è risalita poi lungo il Mediterraneo e le coste di Turchia, Egitto, Malta e, in anni più recenti, in Italia e Spagna.