Panama è uno Stato con un clima equatoriale, con abbondanti piogge, ma nel 2023 queste ultime sono diminuite di circa il 30-40% soprattutto a causa del fenomeno climatico ciclico chiamato El Niño, che nel Paese centroamericano determina un aumento delle temperature medie e una diminuzione delle precipitazioni. Si tratta quindi di una fase particolare, ma la comunità scientifica ha già registrato un trend più generale, provocato dal riscaldamento globale e dai cambiamenti climatici. La carenza d’acqua ha portato il governo panamense a dover fermare già oltre il 30% delle imbarcazioni che vogliono transitare attraverso l’infrastruttura.
Si parla di una riduzione da 38/36 imbarcazioni al giorno di media a 24. Secondo le attuali stime delle autorità del Canale, però, entro la fine di febbraio la riduzione del numero delle navi potrebbe arrivare a colpire il 50% delle imbarcazioni.
Tutto ciò ha creato grossi ritardi per varie compagnie di navigazione e, di conseguenza, ha determinato un aumento sensibile dei costi di trasporto, in alcuni casi più che raddoppiato, tra stipendi degli equipaggi, utilizzo di carburante e penali per i ritardi nelle consegne.
Queste condizioni hanno una ricaduta notevole sul commercio globale. Il Canale di Panama, infatti, è uno dei cosiddetti choke point del nostro pianeta, cioè uno dei pochi passaggi quasi obbligati tra mari e/o oceani che le navi sono costrette ad attraversare per muoversi da un angolo all’altro del globo. In particolare, dal Canale di Panama passa circa il 5% del commercio marittimo mondiale, soprattutto le merci in arrivo e in partenza dagli Stati Uniti.
Risulta chiaro, perciò, che se la siccità dovesse far peggiorare ulteriormente la situazione, rendendo troppo oneroso o addirittura impossibile tecnicamente il passaggio nel Canale, andrebbero trovate delle soluzioni alternative, alcune delle quali potrebbero modificare equilibri economici e geopolitici immutati da decenni.
È stato calcolato che il passaggio di una singola nave da un oceano all’altro richiede la stessa quantità d’acqua che consumerebbero circa 500.000 panamensi in un giorno.
L’utilizzo della risorsa per il funzionamento dell’infrastruttura, quindi, si scontra con i bisogni dei cittadini, oltre la metà dei quali riceve acqua dagli stessi bacini che alimentano il Canale di Panama.
Dall’altra parte è evidente che il ridotto o mancato passaggio di navi attraverso l’opera sta privando e potrebbe sempre più privare lo Stato di milioni di dollari, danneggiando notevolmente l’economia di Panama e degli stessi residenti.
Il denaro ottenuto dai diritti di passaggio attraverso il canale vale circa il 6% del PIL dello Stato.
L’economia che Panama ha costruito attorno al suo canale non riguarda solo ed esclusivamente il trasporto marittimo: il Lago Gatùn è una meta turistica e naturalistica che ben esprime tutte le potenzialità sia dello Stato che del canale stesso.
Infatti, diversi tour operators organizzano gite d’istruzione e viaggi all’interno del lago e lungo tutto il tratto del canale, sia per la promozione del turismo naturalistico che di quello industriale. Il bacino imbrifero stesso del canale di Panama ospita diverse aree naturalistiche ed è il cuore pulsante della foresta pluviale panamense, con la sua ricchezza di biodiversità. Pertanto, è interesse dichiarato dell’ACP (l’Autorità del Canale di Panama) favorire politiche di sviluppo sostenibile per la tutela biosfera e la promozione del turismo, nel rispetto del delicato equilibrio che ruota attorno alle acque del Lago Gatùn.