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La sfida del sargasso
La sfida del sargasso

Biodiversità

La sfida del sargasso

Mare dei Caraibi, Porto Rico - Tappa 7

La carta d’identità del sargasso

Il sargasso è un genere di alga, phylum Heterokontophyta, appartenente alla classe Phaeophyceae (dette anche alghe brune): le specie di questo genere possono raggiungere la lunghezza di molti metri, sono generalmente di colore marrone o verde scuro a causa delle xantofille in esse contenute, e in particolare della fucoxantina, il pigmento fotosintetico abbondante nelle alghe brune. Alcune specie hanno delle vesciche contenenti gas che aiutano la pianta a dirigere ponendo le fronde verso l’alto dove la luce è più abbondante. Molte alghe di questo genere hanno un corpo robusto e flessibile, che resiste a forti correnti marine.

Il sargasso è tipico dei mari tropicali e di alcune zone dell’Oceano Atlantico; in particolare il sargasso pelagico è particolarmente diffuso in numerose parti del Mar dei Caraibi (tra cui il celebre Mar dei Sargassi) e del Golfo del Messico. Le prime testimonianze arrivano da Cristoforo Colombo, che annotò sul suo diario la presenza di alghe galleggianti: il nome dovrebbe provenire da una radice portoghese relativa auna particolare varietà di grappoli di uva (sarga) o alle alghe stesse (algaço).

Quest’alga si conglomera naturalmente in acqua, creando veri e propri ecosistemi oceanici a sé stanti, con numerose specie endemiche di pesci e invertebrati marini che nascono, si sviluppano e si riproducono in questi ambienti. Al contempo, storicamente, la deriva del sargasso presso le coste tropicali è sempre stata un determinante fattore di sostentamento per gli ecosistemi costieri, così come le alghe in decomposizione hanno creato nei secoli uno scudo naturale contro l’erosione delle coste e un elemento nutritivo rilevante per le vegetazioni locali.

Un recente aumento incontrollato

Negli ultimi dieci anni si è registrato un significativo aumento dell’afflusso di sargasso in diverse zone costiere dell’Atlantico, con un incremento esponenziale dei livelli di stress degli ecosistemi coinvolti. Questo fenomeno continua a espandersi in tutta la regione del Golfo del Messico, colpendo principalmente i Paesi dell’America Centrale, le Isole dei Caraibi e toccando perfino la costa settentrionale del Brasile e la Florida.

Riguardo alle cause scatenanti, le teorie sono numerose e contrastanti, ma quasi tutte convergono sui fattori antropici e sul riscaldamento globale. Tali elementi sono, inoltre, coadiuvati e rafforzati dalle correnti marine, dai venti, dalla pressione atmosferica e dalle variabili climatiche, rendendo la questione assolutamente transnazionale.

Uno studio del Florida Atlantic University (FAU) Harbor Branch Oceanographic Institute, in collaborazione con altre università statunitensi, ha evidenziato come, tra il 1980 e il 2010, il livello di azoto nelle acque interessate da questo fenomeno sia aumentato di circa il 35%, mentre si è registrato un drastico calo di fosforo, utile a contenere il livello di produzione di sargasso.

Secondo i ricercatori, le emissioni antropogeniche e gli scarichi nei fiumi africani e americani hanno svolto un ruolo determinante nello stravolgimento dei delicati equilibri oceanici in cui il sargasso si è sempre mosso. Questi fattori, insieme all’aumento delle plastiche e dei residui di idrocarburi negli oceani, nonché al generale surriscaldamento delle temperature marine, hanno creato le condizioni ottimali per una riproduzione incontrollata di quest’alga, che dispone di un clima ideale e di nuove sostanze fin troppo nutrienti nell’ambiente in cui vive.

Le conseguenze ambientali e socioeconomiche

Solo nell’estate 2011 si è cominciata a percepire la deriva massiva di sargasso come un reale problema. Infatti, in diverse aree costiere del Golfo del Messico – in particolare nello stato messicano del Quintana Roo, nella penisola dello Yucatán – e dei Caraibi, l’alga ha iniziato a riversarsi sulle spiagge in quantità mai registrate prima. I Paesi caraibici e il Messico stesso si trovarono totalmente impreparati nei confronti di questo nuovo fenomeno.

L’impatto determinato dall’aumento di sargasso ha generato problemi immediati a livello ambientale ed economico, con il coinvolgimento del turismo, delle industrie, delle economie costiere e della pesca. Sono state documentate, infatti, una serie di conseguenze dirette e tangibili, come una netta riduzione della presenza di pesce costiero, una maggiore difficoltà nella navigazione, la corrosione di alcuni dispositivi elettronici presenti al largo delle coste e il deterioramento di innumerevoli spiagge, ricoperte di cumuli di sargasso. Nel 2016, si è stimato che il costo di pulizia delle spiagge in tutta l’area dei Caraibi abbia superato i 120 milioni di dollari.

Una delle minacce più concrete è costituita dall’erosione del tessuto della barriera corallina, problematica già esistente e accelerata dalle ondate di sargasso e definita come una vera e propria “sindrome bianca”: l’integrità di questa barriera naturale aiuta ad arginare la deriva delle alghe, e la sua erosione è un fattore peggiorativo dell’invasione del sargasso.

In tutta la regione dei Caraibi, il problema risulta di estrema attualità e rilevanza: nel giugno 2022 si è registrato un nuovo record, con 24,2 milioni di tonnellate di sargasso accumulate tra tutti i Paesi dell’area. Mentre gli scienziati sono preoccupati dall’aspetto ecologico e ambientale, i Paesi coinvolti dall’ondata di sargasso continuano ad essere allarmati principalmente dall’impatto di tale fenomeno sul turismo, che secondo uno studio della CEPAL (Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi) del 2019, costituisce circa il 26% del PIL dell’intera regione caraibica.

Il sargasso, infatti, non solo compromette la trasparenza delle acque caraibiche, ma, decomponendosi, emette spesso un odore nauseabondo, attirando per di più mosche e insetti. Tutti coloro che sono legati alle attività turistiche dell’area si preoccupano principalmente degli effetti di tale calamità sul turismo. Molti di loro si ritrovano a ripulire le spiagge quasi ogni giorno, vedendo i propri sforzi subito vanificati dall’ingente accumulo notturno di alghe. Tra i resort della zona, alcuni hanno fatto installare barriere al largo delle coste, mentre altri hanno agito in maniera più sostenibile, prevedendo tra le attività proposte ai propri clienti la possibilità di partecipare tramite alcune Onlus alla riforestazione della barriera corallina caraibica, oppure l’adozione vera e propria di un corallo in cambio di piccole somme di denaro.

In definitiva, la questione del sargasso è ancora ben lontana dall’essere risolta, nonostante appaiano sempre più evidenti le responsabilità umane rispetto all’insorgenza del fenomeno. Le amministrazioni nazionali e locali sembrano poco propense a effettuare interventi massivi e strutturali, anche in virtù della transnazionalità del problema, mentre le condizioni di salute dei sistemi economici e ambientali interessati risultano sempre più compromesse.